Raccogliere in strada pile di cartone poggiate ad un cassonetto, ammucchiarle nel proprio atelier, metterne uno sul cavalletto impugnado pennelli e colori, è un gesto che in se non dice niente, a meno che questi cartoni non siano destinati a tramutarsi in tele. Allo stesso modo, radunare rifiuti di umanita, un barbone, un marchettaro, qualche fanciullo, una prostituta nella propria stamberga, vestirli alla buona per farli posare davati ad uno specchio e decidere quanta luce vi entri da una finestra appena schiusa ad illuminare la scena, è un gesto che non significherebbe niente se non fosse Caravaggio a compierlo. Così Paola Alviano Glaviano ricicla un materiale, il cartone, altrimenti destinato alla macerazione, restituendolo alla vita eterna, in verità a quella illusione di cui sempre l’ arte s’è fatta carico, dalla sua origine, quella del riscatto, della vittoria sulla morte.
di Paola Alviano Glaviano